Banche. Tante aggregazioni, pochi cambiamenti

Osservatorio Exton Consulting banche italiane 2020

Nel 2020 abbiamo assistito a varie fusioni nel mondo bancario. Eppure, al momento, non si registrano grandi vantaggi.

Il cost/income, ad esempio, non ha registrato significativi miglioramenti rispetto a quello degli istituti che non hanno intrapreso progetti di fusione. Ad affermarlo è la seconda edizione dell’Osservatorio delle banche italiane 2020 realizzata da Exton Consulting che ha analizzato le attività di 51 istituti retail che hanno almeno 5 filiali in Italia.

Il caso UniCredit

«Non si sono registrati grandi vantaggi – dichiara Gabor David Friedenthal, Partner di Exton Consulting – dai processi di aggregazione. Un esempio su tutti è UniCredit, che ha un cost/income più basso, 66%, rispetto a istituti che hanno già portato avanti processi di fusione. I costi del personale sono allineati e rimangono invariati quelli amministrativi».

La solidità delle banche italiane

L’analisi fa anche il punto sulla solidità delle banche italiane: tutti gli istituti, infatti, hanno un elevato grado di capitale regolamentare, presentando un CET1 ben oltre il livello minimo del 7%, arrivando, nel caso delle banche popolari, al 17%.

Osservatorio Exton Consulting banche

Differenze nell’equity

In termini, invece, di performance sull’equity emergono delle differenze significative anche tra i principali istituti bancari del settore. «Sono UniCredit (4,8%), Intesa Sanpaolo (4,8%) – evidenzia Friedenthal – e Crédit Agricole (4,7%) ad avere i migliori rendimenti sul capitale. Quest’ultima è un caso scuola, perché è capace di gestire il rischio operando efficacemente a livello territoriale. Inoltre ha un consolidato che include importanti attività nel credito al consumo e nell’assicurato. Tra le banche di dimensioni intermedie, BPER ha una minore incidenza dei proventi finanziari e ha effettuato minori dismissioni di NPEs».

L’incognita Covid

Su tutto il 2020, aleggia comunque l’incognita Covid. «Per quest’anno, ma anche per il 2021 – evidenzia Friedenthal – ci aspettiamo che la pandemia comporti un progressivo peggioramento della qualità del credito, con l’emergere di rettifiche significative che colpiranno i bilanci delle banche man mano che le moratorie e i sostegni pubblici alle imprese verranno meno».

Fare di più su personale e costi IT

Occorre un cambio di paradigma sia dal punto di vista del personale sia degli investimenti in tecnologie. «Le sinergie di costo – conclude Gabor David Friedenthal – sono state rapidamente compensate dal deteriorarsi della situazione di business e dall’incremento dei costi one off per le integrazioni. In uno scenario così complesso e in cambiamento, sul personale e sui costi IT in particolare serve ancora più incisività».

Focus sulle banche popolari

Inoltre, una sezione dell’Osservatorio di Exton è stata dedicata alle banche popolari, i cui profitti sono ancora legati principalmente ad attività tradizionali creditizie e meno a quelle finanziarie.

Migliora il cost/income, peggiora l’NPE ratio

«Nel 2019 – spiega Gabor David Friedenthal – registriamo un costante miglioramento degli indici di redditività e solidità delle banche popolari. Perché migliorano il cost/income, il margine di intermediazione per dipendente e gli indici di solidità patrimoniali. Però, la raccolta indiretta, nonostante sia già molto bassa rispetto alle altre banche, diminuisce ulteriormente, influenzando i proventi da commissioni. Inoltre, in un contesto di bassi tassi d’interesse, diventa sempre più problematico il fatto che il peso del margine d’interesse rimanga elevato. Altro aspetto preoccupante è la grande quantità di deteriorato (NPE ratio) mantenuto da diverse banche».

Meno filiali

L’indagine evidenzia una diminuzione del numero di filiali tra il 2018 e il 2019 (in particolare la BP Agricola di Ragusa, che passa da 91 a 85), ma con attivi costanti, laddove sono i crediti verso la clientela la voce predominante.

Margini di intermediazione e interesse

È leggermente in aumento il margine di intermediazione (Banca Valsabbina passa da 106 a 126 mln di euro e la BP del Lazio da 86 a 95 mln di euro), grazie ai proventi finanziari. La componente di margine d’interesse è predominante, ma i core revenues sono in diminuzione (per la BP Agricola di Ragusa si è passati da 154 a 144 milioni di euro tra il 2018 e il 2019; anche la BP Pugliese da 129 a 121 milioni di euro). Risulta elevato il margine di intermediazione per dipendente nella Frusinate e Vesuviana (da 270 del 2018 a 291 del 2019) e per la banca popolare di Puglia e Basilicata (da 220 a 321). La ricerca evidenzia un elevato rapporto cost/income per le popolari Sanfelice (85%) e del Mediterraneo (che ha superato il valore limite del rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione, assestandosi al 102%).

Banca Valsabbina: le migliori performance

Esaminando il risultato d’esercizio, fra le popolari più grandi è la Banca Valsabbina a registrare le migliori performance, passando da 15,2 milioni del 2018 a 20,3 milioni del 2019. Il rapporto tra utile (perdita) d’esercizio e il patrimonio netto risulta, per questo istituto, intorno al 6%, in crescita rispetto all’anno precedente.

Sfida: diversificare

«Per il futuro, la sfida principale che si troveranno ad affrontare le popolari – conclude Gabor David Friedenthal – sarà di diversificare maggiormente le fonti di raccolta delle risorse, oggi troppo legate alla raccolta e ai prestiti, con una notevole crescita di NPL, puntando di più sulle commissioni e sui proventi finanziari».