Open Lab

Open Innovation: Storie a Confronto

Open Lab prima edizione

Acceleratori, banche, compagnie assicurative, vendor IT, fintech, insurtech e, naturalmente, il Regolatore: sono moltissimi i soggetti coinvolti nell’ecosistema dell’Open Innovation. Ciascuno con un ruolo distintivo, ma con moltissime contaminazioni possibili.

AziendaBanca ha organizzato la prima edizione di Open Lab, “Storie di Open Innovation. Come evolve la collaborazione tra incumbent, fintech e insurtech”, per mettere a confronto diversi attori sulla esperienza che hanno acquisito in questi anni. 

Fintech: troppo piccole per correre da sole?

Per avere una idea di come stia evolvendo il mercato del fintech in Italia, bisogna guardare ai numeri.

Il nostro Paese conta 623 fintech, di cui un centinaio specializzate in ambito insurtech: piccole realtà a caccia di opportunità di crescita, alle quali però manca spesso una reale idea manageriale.

Lo scorso anno il fintech ha raccolto 154 milioni di euro, di cui 140 milioni in equity: il dato aggregato è inferiore a quanto accade in altri Paesi, e molti round sono troppo piccoli per consentire alle realtà finanziate di pianificare il loro sviluppo nel lungo periodo.

«Quest’anno sono nate una ventina di nuove startup e sullo stesso ordine di grandezza è il numero di quelle che hanno chiuso o che sono state acquisite, riuscendo quindi a consolidare il proprio business tramite l’ingresso di aziende maggiori – racconta Laura Grassi, Responsabile dell’Osservatorio Fintech e Insurtech del Politecnico di Milano. I ricavi del settore sono in crescita e iniziamo a vedere anche i primi segnali di profittabilità.

Tuttavia, molte di queste realtà fanno ancora fatica a oltrepassare i confini nazionali, privandosi della possibilità di ampliare la propria base clienti e soprattutto riducendo l’esposizione a investitori esteri».

Verso nuovi modelli di business

Le fintech stanno anche cambiando il loro modello, con l’esperienza diretta del mercato acquisita negli anni.

Non è solo una questione di cavalcare l’ultimo hype tecnologico: basti pensare alle tante realtà che hanno seguito l’onda lunga della blockchain, mentre ultimamente vanno forte i progetti di intelligenza artificiale generativa.

«Parliamo di un rafforzamento – continua Grassi –, anche del modello B2B e B2B2C, un paradigma secondo cui le fintech collaborano attivamente con attori finanziari e non finanziari.

La porzione più grande dei servizi delle startup è infatti rivolta direttamente a un’utenza business, sia questa dei servizi finanziari o non. In qualche caso queste collaborazioni con aziende consolidate, che iniziano come un rapporto di fornitura, si sono rafforzate a tal punto che sono anche accompagnate da investimenti nel capitale delle startup».

Tante partnership, con poche banche

Per quanto riguarda la collaborazione con le banche, il 20% di istituti di credito è impegnato in almeno una partnership con il fintech, ma questi pochi attori rappresentano l’80% del totale delle collaborazioni.

«È una Italia che viaggia a due velocità: poche banche con numerosi progetti in corso e sempre più aziende, come Telco e Utility, che invece fanno leva sul fintech per offrire servizi finanziari ai propri clienti – commenta Grassi.

L’ecosistema del fintech, nel suo complesso, ne trae beneficio: grazie alle collaborazioni, infatti, si può aumentare la base clienti, indirizzare lo sviluppo commerciale su determinate aree, migliorare la distribuzione del servizio, persino accelerare l’ingresso in nuovi mercati.

Soprattutto, il rapporto con partner consolidati consente alle realtà emergenti di accedere a un network, contribuendo a rafforzare la credibilità del fintech nel suo complesso».

L’acceleratore per valorizzare l’insurtech

Il panorama italiano si è anche arricchito di acceleratori e incubatori, che osservano da vicino il mercato fintech e insurtech, per scoprire realtà emergenti a elevato potenziale e accompagnarle in un percorso che fornisca anche una visione strategica e di business.

Vittoria hub, ad esempio, ha già indetto quattro call e raccolto le candidature di 500 startup in questi anni.

«Ad oggi abbiamo accelerato 20 startup in Italia che, se consideriamo la presenza di 100 startup insurtech pure attualmente attive nel nostro Paese dichiarata dal Politecnico, corrisponde al 20% del mercato nostrano di riferimento, producendo un effetto leva sul panorama insurtech – illustra Nicolò Soresina, CEO di Vittoria hub.

Il nostro obiettivo è intercettare le startup e aiutarle a capire se hanno le carte in regola per competere nel mercato insurtech.

Mi piace paragonarle a un fotone, piccole ma cariche di una luce che portano con sé. Tra loro e noi serve un interscambio strategico per evitare che si perdano nel percorso».

Serve imprimere un approccio industriale

Per questo motivo, l’hub di Vittoria Assicurazioni ha inserito una fase intermedia nel percorso di accelerazione, dove la compagnia si impegna ad “adottare” la startup, per creare una relazione e imprimere una reale connessione.

«Prendere a bordo queste realtà ha una rilevanza etica e socioeconomica: non possono essere lasciate a metà del guado e proviamo a imprimere loro un approccio industriale – spiega Soresina –, a parte i casi in cui si adotta una logica finanziaria che porta alla exit.

Terminate le call, le startup concludono una fase del loro ciclo di vita e andiamo quindi a instradarle verso i mercati esteri o le aree di business più adatte: in realtà è un lavoro continuo e i contatti personali continuano anche dopo».

Investire nel fintech per sperimentare

Costruire in casa un acceleratore è una buona via, soprattutto per le banche, per guardare al di fuori del proprio perimetro di innovazione, comprendere come avviare una collaborazione e sperimentare nuove tecnologie in tempi rapidi.

Come fatto dal gruppo Sella che, con l’acceleratore dpixel, sta imparando a gestire gli asset digitali nel mondo della finanza decentralizzata insieme alle startup che hanno partecipato alle loro call per l’innovazione.

«La nostra recente iniziativa, dedicata alle startup del web3 per sviluppare soluzioni e tecnologie innovative applicate al mondo della finanza, ci ha dato l’opportunità di interagire in maniera concreta con l’innovazione – premette Stefano Azzalin, CEO di dpixel e Head of Sellalab. Al momento abbiamo investito in quattro società internazionali e continuiamo a presidiare con grande attenzione anche il mercato italiano».

Supporto operativo e finanziario

Inoltre, attraverso dpixel, il Venture Incubator del gruppo Sella, e in collaborazione con la piattaforma di innovazione Sellalab, si promuovono iniziative sulle nuove frontiere che riguardano, ad esempio, l’ambito food e l’agritech, coinvolgendo imprese innovative del territorio.

«Il nostro obiettivo è di sostenere l’ecosistema delle startup, collaborando con operatori specializzati nel settore, come ad esempio il Fintech District, oltre che agendo da investitore – prosegue Azzalin.

Le startup hanno infatti bisogno di supporto operativo e finanziario, a seconda delle loro prerogative e della maturità del loro business. L’importante è fornire strumenti che permettano loro di mettersi alla prova e offrire un processo di industrializzazione che ne favorisca la crescita».

Come orchestrare l’innovazione?

Anche le banche dai modelli di business più innovativi e digitali, come ad esempio Banca Mediolanum, hanno colto nel fintech la possibilità di sperimentare casi d’uso che, con le competenze interne, sarebbero risultate più complesse da gestire.

È nato quindi un programma di Open Innovation, che ha permesso alla Banca di porre al fianco dei colleghi le startup, per iniziare a collaborare, con regole ben definite, verso una innovazione disruptive.

«Ora sono spesso i colleghi stessi a proporre idee per accelerare i processi in modo “disruptive”: è accaduto con l’onboarding nel credito, dove per l’AI si è identificato un ruolo essenziale, come nel risk management, per la verifica dei modelli di rischio nel contesto delle normative IFRS9 – racconta Demetrio Migliorati, Head of Innovation di Banca Mediolanum. Il nostro ruolo è orchestrare l’innovazione, favorendo il processo di generazione delle idee, sperimentazione e progettazione, facendo leva sulle tecnologie “disruptive” come AI, Blockchain, etc.».

È anche una questione di tempo

Le modalità di collaborazione con le startup sono duplici: a volte, infatti, è la Banca a selezionare le startup, altre volte la proposta arriva internamente, dai collaboratori. Ma l’obiettivo è unico: migliorare determinati ambiti di business e con rapidità.

«Come fatto con l’instant credit, soluzione lanciata prima in Spagna e poi in Italia, che è stata realizzata in tempi sostanzialmente brevi, e che ha avuto un riscontro molto positivo sulla base clienti – dichiara Migliorati. Abbiamo sandbox attive su più ambiti di sperimentazione.

Uno dei contesti che più mi piace citare è il lavoro che stiamo facendo insieme alla nostra struttura di compliance, con scouting e challenge per trovare startup che possano aiutare a digitalizzare anche i loro processi».

Banca tradizionale ma tecnologica, con il fintech

L’innovazione rapida guida anche le scelte di Banca Valsabbina, istituto di credito dalla forte vocazione territoriale che quest’anno ha rilevato l’intero capitale di Prestiamoci, piattaforma di P2P lending, incrementato la partecipazione in due fintech (Change Capital e NYP Techfin, NdR) ed entrata nel capitale di una insurtech.

«Il mercato sta evolvendo molto velocemente, sia in termini di servizi e prodotti sia di modalità di fruizione degli stessi – afferma Hermes Bianchetti, Vice Direttore Generale di Banca Valsabbina. Questo scenario, in costante movimento come premesso, è sempre maggiormente influenzato dall’avvento della tecnologia applicata agli ambiti finanziari unitamente al cambio generazionale nel suo più esteso significato e pertanto con riflessi non solo sulle PMI ma anche nei fabbisogni manifestati da privati e famiglie.

Questa dinamicità del contesto in cui operiamo porta realtà come la nostra a evolvere, al fine di non perdere quote di mercato e con l’ambizione, invece, di acquisirne di nuove.

Banca Valsabbina ha per questo motivo intrapreso progetti innovativi sia per linee interne sia esterne, per il tramite di partnership commerciali\strategiche con realtà fintech sia consolidate sia startup.

L’obiettivo è quello di integrare gli attuali servizi e prodotti messi a disposizione della nostra clientela inserendo nuove progettualità che possano completare la nostra offerta in abbinamento alla “tradizionalità” che ci contraddistingue e che riteniamo tutt’oggi un valore da tutelare.

In un mercato sempre maggiormente contraddistinto dal fenomeno della desertificazione degli sportelli bancari, la banca punta fermamente sulla presenza di un presidio fisico territoriale quale elemento determinante per la fidelizzazione della clientela. Riteniamo che questo binomio, tradizionale e tecnologico, possa di fatto determinare un’offerta completa.

Oltre a inserire nuovi prodotti, la tecnologia può essere anche utilizzata per innovare quelli già esistenti, rendendoli maggiormente efficienti e di conseguenza efficaci. L’acquisizione di Prestiamoci ben rappresenta un esempio concreto di questa strategia, portando i nostri clienti a usufruire di una piattaforma fintech specializzata unitamente al supporto delle nostre filiali presenti sul territorio».

La condicio sine qua non

Il miglioramento del business diventa un percorso di crescita per la banca e per il fintech, possono compierlo insieme, ma solo a una condizione: ovvero definire le esigenze strategiche e i progetti, coinvolgendo le varie strutture. In primis, la compliance.

«Ogni progetto evolutivo\innovativo deve essere valutato sotto tutti i punti di vista e pertanto non solo relativamente al business ma soprattutto in termini di mitigazione dei rischi sia operativi sia reputazionali – avverte Bianchetti.

La Compliance svolge un ruolo determinante, unitamente alle altre strutture che si occupano del rispetto della regolamentazione vigente e della mappatura e monitoraggio dei rischi ipotetici.

Tutte queste strutture specialistiche, in Banca Valsabbina, mettono a disposizione il proprio bagaglio di competenze, accompagnando le funzioni di business nella valutazione di ogni singola opportunità.

Questo presupposto è determinante per poter svolgere un ruolo attivo nelle evoluzioni del mercato, con la giusta consapevolezza e gli opportuni presidi di controllo».

I fornitori bancari investono nella tecnologia

Anche i player IT fanno scout di innovazione, per non restare indietro nella lunga corsa della tecnologia di frontiera.

Nexi, oltre a guardare l’ecosistema fintech, lavora con strutture dedicate alla innovazione e alla tecnologia, investendo mezzo miliardo all’anno, a livello di gruppo.

«Facciamo continuo scouting, guardando alle realtà di tutta Europa, e scegliamo formule di collaborazione differenti a seconda dell’obiettivo, prendendo anche in considerazione investimenti diretti per creare economie di scala – commenta Pier Giorgio Costantini, Head of Commercial Financial Institutions Italia di Nexi. Insieme alle startup stiamo esplorando tre ambiti: agganciare i pagamenti alle donazioni verso realtà no profit, creare nuovi servizi di instant lending e sperimentare l’account-to-account. Noi facciamo da garante in questi progetti, riuscendo a realizzare soluzioni che possono essere proposte alle banche partner».

Cosa manca alle startup?

Tramite l’accelerazione delle startup, è possibile capire quali sono i punti di forza e debolezza delle realtà innovative. E colmarle per mettere in collegamento fintech e banche.

Un ruolo che CRIF ha adottato creando il suo ecosistema di accelerazione per le startup, che vede anche la collaborazione con la Fondazione Golinelli e l’università Alma Mater Studiorum di Bologna.

In due anni sono state 17 le giovani imprese accelerate e, a giugno, i partner hanno lanciato il nuovo programma per il 2023, superando i 4 milioni di euro di investimenti complessivi.

«Grazie a questo ecosistema abbiamo prodotto iniziative concrete, mettendo a disposizione investimenti, spazi e offrendo anche una traiettoria strategica per soddisfare le esigenze del mercato bancario italiano e del tessuto imprenditoriale – precisa Simone Capecchi, Executive Director Finance Market di CRIF. Il nostro compito è scovare l’idea, inserirla in un ecosistema e aiutarla ad assumere una postura imprenditoriale: capire quindi cosa si può fare e quali sono le mancanze da sopperire».

La strategia di business, chiara

I provider IT hanno il compito di agevolare, dunque, la collaborazione tra fintech e banche. E lo fanno anche aprendo le loro piattaforme informatiche grazie alle API, così da consentire alle startup di sperimentare nuovi progetti insieme agli operatori del finance.

«L’ambito del credito sarà sicuramente protagonista delle prossime evoluzioni – sottolinea Massimiliano Palmieri, Responsabile Area Sistemi Informativi di CSE. Tuttavia, l’innovazione diventa utile nel concreto solo quando è connessa a un caso d’uso strategico, guidato dal business. Una quota significativa delle idee innovative viene proposta dalle nostre banche clienti, che ci chiedono di valutare insieme a loro la sostenibilità dei progetti di collaborazione con startup e fintech.

Al centro di queste analisi c’è, in particolare, il complesso passaggio all’industrializzazione delle soluzioni, perché semplicità e rapidità hanno molto appeal sul mercato, ma per raggiungere buoni risultati è indispensabile valutare tutti i vincoli normativi, garantire continuità di servizio e affidabilità e considerare tutti gli elementi evolutivi della strategia di mercato».

Il fintech nel cuore della banca

Ma quando la fintech diventa partner bancario, scatta allora un nuovo modello di interazione tra fornitore e istituto finanziario.

L’esempio è dato da Intesa Sanpaolo, che insieme a Thought Machine ha inaugurato un nuovo modello di banca, isybank, che servirà da rampa di lancio per innovare la piattaforma tecnologica di gruppo.

«Per lavorare con e come una fintech internazionale è necessario cambiare modello di lavoro: alla nuova architettura IT e al diverso modello di servizio, infatti, si affianca anche un ripensamento generazionale – precisa Tommaso Pellizzari, Executive Director, Retail Core & Data Platform di Intesa Sanpaolo. Gradualmente, stiamo portando in house lo sviluppo del sistema informativo, prendendo il controllo delle parti critiche e delle aree di sviluppo distintive.

Abbiamo un piano di insourcing di 2mila professionisti in ambiti come il digitale e l’IT, per fare in modo che la Banca sia leader a livello internazionale anche rispetto alle sfide del futuro».

Fare ecosistema, insieme al fintech

Questo nuovo modo di interagire si traduce, nel concreto, in discussioni aperte, organizzate in stand up quotidiani, nell’apertura a testare metodi di lavoro differenti e in appuntamenti periodici che hanno all’ordine del giorno prodotti, modelli e idee future da sviluppare insieme.

«Grazie a questa relazione costante, si riescono a superare più velocemente i problemi e l’ambizione è di risolvere le urgenze nel giro di 24 ore – continua Pellizzari. A questi appuntamenti si innestano conversazioni strategiche, all’interno dell’inner circle dei player best in class a livello globale, con i quali confrontarsi e fare ecosistema».

Incontrare le fintech al di fuori della regolamentazione

In questo ecosistema, basato sulla collaborazione e sul dialogo, sono le banche stesse a cercare forme di interazione con il mondo fintech, valorizzando le potenzialità dell’innovazione anche in un contesto altamente regolamentato come quello finanziario.

A dimostrarlo sono i progetti raccolti dalle Calls for Proposals di Milano Hub, il Centro di innovazione della Banca d’Italia, che, dopo aver esplorato le applicazioni dell’AI e poi della DLT nel finance, è pronto a indire una terza chiamata.

«Abbiamo registrato in molti progetti l’esigenza di banche e realtà fintech di correre insieme – commenta Adriana Dolores, Deputy Head of Division, Centro per l’Innovazione Milano Hub di Banca d’Italia. La buona innovazione non si genera solo spontaneamente, è necessario indicare la strada minimizzando i rischi e liberando la capacità della digitalizzazione dell’economia e della finanza di produrre benefici concreti a favore dei consumatori e delle imprese.

Con le nostre Call for Proposals intendiamo proprio realizzare un punto di incontro neutrale in cui la visione dell’autorità si sposa con la concretezza applicativa delle iniziative di mercato fungendo da volano per ulteriori sviluppi».

E il modello italiano piace, come testimonia l’interesse che l’attività di Milano Hub sta riscuotendo anche a livello internazionale.

 

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di ottobre 2023 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop