I soldi degli italiani? Sono sui conti correnti e non investiti

BlackRock Investor Pulse 2017Prudenza e anche qualche riluttanza a investire. Gli italiani, secondo la quinta edizione della ricerca Investor Pulse di BlackRock, sono rimasti scottati dalla crisi. Ma  i Millennials potrebbero dare nuova linfa agli investimenti.

Più fiducia nel clima economico, ma poca negli investimenti

«Ci muoviamo in un mondo da elettrocardiogramma piatto», esordisce così Carlo Balzarini, Responsabile Marketing Italia di BlackRock e spiega come negli ultimi 5 anni i rendimenti dei tassi di interesse rasenti allo zero abbiano influenzato il sentiment degli italiani: perché nonostante la fiducia verso la ripresa economica sia migliorata rispetto al 2016 (dal 42% al 45%) la propensione a investire i propri risparmi è decisamente diminuita (dal 39% al 31%, contro una media europea del 39%). Le cause principali sono da imputarsi a ritorni sugli investimenti alquanto deludenti ma anche al timore di un aumento delle tasse, del costo della vita, di un reddito e di una pensione inadeguati e alla precarietà del posto di lavoro: elementi che portano gli italiani a custodire la loro liquidità nei conti correnti. E nonostante la grande preoccupazione per il futuro pensionistico, solo un italiano su cinque ha iniziato a risparmiare ma non più dell’8% del proprio patrimonio.

Investimenti solo nel breve periodo

«Un quarto degli italiani non sa dove destinare la liquidità – precisa Balzarini. Il cliente, colpito dalla crisi, ha tirato quindi i remi in barca. Nonostante una buona fetta di risparmi che potrebbero essere investiti, gli italiani preferiscono tenere in stallo la liquidità per far fronte a improvvise spese future. Tra chi non sta investendo, il 25% non ha intenzione di sottoscrivere alcun prodotto finanziario mentre il 54% lo farà solo se otterrà almeno un 10% di rendimento». Un ritorno alquanto difficile da soddisfare, soprattutto perché gli italiani che investono vogliono vedere un rendimento nel giro di 3-5 anni se non addirittura in meno di 2 anni.

ETF: non più così sconosciuti

Gli ETF sembrano gli strumenti più accattivanti e promettenti per gli investitori del Paese: solo il 5% li detiene al momento, ma tra chi li conosce (il 23%) più della metà è pronto a investire in questi strumenti. Soprattutto i Millennials, che di ETF hanno già sentito parlare e sono pronti a inserirli nei loro portafogli (80%).

Il gestore della banca è il consulente per eccellenza

Per investire gli italiani vogliono un consulente finanziario. La fiducia verso queste figure, che siano appartenenti al mondo bancario, alle reti di consulenza o siano private banker, è in aumento, tanto da portare l’Italia nel primato europeo per ricorso a un consulente. Il gestore in banca è la figura più apprezzata: il 59% degli italiani è affiancato dal consulente bancario e le masse in gestione hanno superato i 2mila miliardi nel mercato affluent; seguono il consulente finanziario appartenente alla rete (24%) e il private banker (11%), che raccolgono maggiore soddisfazione da parte della clientela grazie a migliori competenze rispetto al gestore della banca.

MiFID 2: chi pagherà le commissioni?

Per un servizio di consulenza negli investimenti, gli italiani sono anche pronti a pagare una commissione annuale che si aggira attorno all’1% (43%) e la percentuale sale al 60% tra i Millennials, che al momento non sono molto soddisfatti del servizio consulenziale offerto ma sono disposti a pagare fee dell’1,2% (la più alta tra le varie categorie).

Informarsi e investire online

Se non è il consulente a offrire preziosi aggiornamenti e suggerimenti sugli investimenti, gli italiani passano al fai-da-te: un terzo infatti trova le informazioni di interesse online e addirittura tre su cinque monitorano i propri investimenti nel web con scadenze settimanali o mensili, sia da pc sia da mobile. L’abitudine a internet convince inoltre il 45% degli italiani a investire attraverso una piattaforma digitale ma solo dopo aver parlato con il proprio consulente: questo migrare verso il digitale è d’altronde quasi fisiologico, grazie alle semplificazioni portate da firma grafometrica, firma digitale, contatti da remoto e anche robo4advisory. Peccato che si fermi solo a 8mila euro il patrimonio che gli italiani sono disposti a investire online. È ancora agli albori invece il robo advisory puro, che slega l’investitore dal consulente: in Italia è conosciuto dal 46% degli intervistati ma solo il 10% pensa di utilizzare “molto probabilmente” questo servizio il prossimo anno.