Cassa Centrale: "ecco il nostro modello di Gruppo Cooperativo"

Un progetto industriale che unisca i valori del credito cooperativo ai numeri necessari per farsi rispettare sul mercato dei capitali. Cassa Centrale Banca ha presentato a Milano il proprio progetto di Gruppo Bancario Cooperativo. Un percorso importante, secondo la definizione del Presidente Giorgio Fracalossi, che vuole mettere insieme il ruolo di una “capogruppo bancario” con l’autonomia delle singole BCC.

Cassa Centrale Banca presenta il proprio progetto di Capogruppo del credito cooperativo

Riforma BCC: unire autonomia e controllo del Gruppo Bancario

Un modello tutto nuovo e tutto da realizzare, in verità. E Cassa Centrale non lo nasconde: la necessità di un tavolo di confronto e di condivisione con Governo e Banca d’Italia (con la Vigilanza Europea) è chiara ed esplicita. Ma l’obiettivo è certamente ambizioso: «Realizzare un network bancario moderno – spiega il Direttore Generale, Mario Sartori –, capace di confrontarsi con i mercati, anche internazionali, grazie alla propria redditività, al governo di rischi e costi e all’efficientamento industriale. Ma anche in grado di offrire alle BCC una autonomia ampia, grazie a un modello con rating basato sul rischio: l’indipendenza di azione di ciascuna banca sarà direttamente proporzionale alla sua solidità».

Il modello risk-based di Cassa Centrale Banca

Cassa Centrale Banca Sartori Mario Direttore GeneraleIl modello di valutazione del rischio combina la richiosità verso terzi, valutando l’ambito patrimoniale e il rischio di credito, con parametri relativi alla redditività, all’efficacia organizzativa e alla liquidità. Ne deriva un giudizio sintetico che può collocare la banca all’interno di tre classi di merito, a loro volta divise in tre sottoclassi ciascuna. «In base alle nostre simulazioni – aggiunge Sartori – buona parte delle banche che potrebbero entrare nel nostro Gruppo si trovano nella classe di rischio migliore. E quelle poche che sono nella classe peggiore potrebbero uscirne al massimo in due anni».

Le altre proposte di Cassa Centrale Banca

Quella di un nuovo modello di Gruppo, in cui l’autonomia della singola banca è proporzionale al rischio, è la prima delle quattro proposte emendative di Cassa Centrale Banca alla ipotesi di riforma del credito cooperativo del gennaio scorso. La seconda è che ogni BCC e Cassa Rurale sia libera di scegliere il Gruppo di riferimento, un diritto/dovere di selezionare liberamente una realtà di secondo livello con cui stipulare un contratto di direzione e coordinamento. Un terzo aspetto, più tecnico, è legato all’abrogazione dell’adesione obbligatoria al Fondo di Garanzia dei Depositanti a favore di una adesione diretta al futuro Fondo Interbancario Tutela dei Depositanti (come dire: siamo banca come tutti gli altri). Il quarto punto è certamente più interessante: elevare il limite massimo di partecipazione detenibile dal singolo azionista nella Capogruppo dall’attuale 10% al  25-30%, con l’obiettivo di attrarre nuovi soci, compresi partner internazionali.

Entro la primavera 2016 integrate Phoenix, IBT e le altre

In questo senso, dal 2007 Cassa Centrale Banca vede già la tedesca DZ Bank azionista al 25%. Un tassello dell’evoluzione interna al Gruppo Cassa Centrale Banca – Credito Cooperativo Italiano, che all’autoriforma delle BCC punta ad arrivare preparata. Entro la primavera 2016 saranno integrate nel Gruppo le aziende della “Galassia” Cassa Centrale che offrono servizi in ambito bancario, assicurativo, IT e outsourcing. Nomi come Phoenix, Informatica Bancaria Trentina IBT, Cerve, CSD, Assicura Group e Assicra Veneto. Sarà invece Mediocredito Trentino Alto Adige il soggetto in cui centralizzare le attività di banca corporate. «Procederemo a uno o due aumenti di capitale – afferma Carlo Antiga, Vicepresidente Vicario – per arrivare a un patrimonio obiettivo tra gli 800 e i 1.000 milioni, o comunque a un patrimonio coerente alle dimensioni di rischio del Gruppo».

L’obiettivo minimo: 91 BCC nel Gruppo Cassa Centrale Banca

Perché se la premessa dell’intero progetto è che per affiacciarsi ai mercati di capitali e restare nel nuovo scenario bancario ci vorranno numeri e progettualità solidi, al progetto devono accompagnarsi i numeri. E questi sono tutti da verificare. La stima più prudente di Cassa Centrale Banca ipotizza una adesione "minima" di 91 banche al futuro Gruppo: un totale di 1.187 filiali, 7.800 collaboratori, oltre 52 miliardi di raccolta e 32 di impieghi, per un Total Capital Ratio superiore al 15%. Le ipotesi più ottimiste arrivano a una adesione di 150 istituti. In questo contesto, le BCC aderenti verrebbero servite dalle aziende del gruppo per quanto riguarda i servizi bancari, assicurativi, IT e outsourcing: le stesse imprese, dalla Phoenix Informatica Bancaria ai player assicurativi, manterranno totale autonomia di bilancio e strategie, e potranno quindi anche crescere acquisendo clienti bancari esterni al mondo cooperativo. Una competizione auspicabile proprio per mantenere l’efficienza e la qualità del servizio.

A quando la riforma BCC?

Ma resta da vedere come proseguirà il percorso di autoriforma del credito cooperativo: il Governo, rassicura Sartori, è costantemente informato anche se non ha ancora fornito nessun riscontro. Un provvedimento di riforma «dovrebbe arrivare, a rigor di logica, entro la fine dell’anno», ma siamo totalmente nel campo delle ipotesi. Così come resta una ipotesi, che non può essere esclusa, l’idea di una unica holding per il credito cooperativo italiano (l'opzione preferita da Federcasse, che ha emesso una nota di commento): una azione che taglierebbe le tradizionali divisioni regionali (chiamate però a convivere in una unica realtà, vedremo se e come) ma che porrebbe la nuova holding sotto il controllo diretto della Vigilanza Europea, come già accade per la sola Iccrea. 

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Alla presentazione del nuovo progetto erano presenti almeno una cinquantina di rappresentanti di diverse Banche di Credito Cooperativo

Il modello “multiholding” il rischio balcanizzazione

Nel caso prevalga il modellomultigruppo”, bisognerà vedere quali e quanti soggetti resteranno. Lo scenario più probabile ne vede quattro: oltre a Iccrea e Cassa Centrale, ci sarebbero i sudtirolesi delle Raiffeisen e probabilmente un player legato alle realtà cooperative dell’Italia centrale, come già visto dall’intervento di Azzi all’assemblea di Federlus contro la possibilità di una “balcanizzazione” del credito cooperativo. «Dalla collaborazione con il Governo, la Banca d’Italia e la Vigilanza Europea potremmo costruire un modello originale italiano – conclude Sartori – che non sia una semplice imitazione di ciò che viene fatto in Olanda, Germania e Francia. Un modello con più soggetti che collaborano su progetti specifici e per il bene delle BCC. Credo onestamente che il mondo del credito cooperativo se lo meriti».