Il prop trading è uno degli argomenti al centro dell’attenzione sui social media. Nella sua versione “moderna”, si tratta di aziende che offrono agli utenti la possibilità di cimentarsi con una simulazione del trading sui mercati.
Attraverso una serie di sfide e challenge, tipicamente a pagamento, un aspirante trader può arrivare a ottenere delle ricompense in denaro o a essere selezionato dall’azienda per diventare un trader a tutti gli effetti.
Online, c’è chi lo presenta come uno strumento con cui esercitare la propria passione per i mercati finanziari e chi invece mette in guardia dal rischio che questa simulazione si trasformi in una specie di videogioco basato sul superamento di sfide ovviamente a pagamento.
Il termine “videogioco”, pur con le virgolette, è stato proprio utilizzato dalla Consob in una comunicazione del luglio 2024 che avvertiva sui rischi connessi con alcune realtà di trading prop trading che, lo ricordiamo, non è assolutamente regolato. In particolare ci sono delle segnalazioni su alcuni meccanismi che porterebbero le persone a frequentare dei corsi di formazione per riuscire a superare alcune delle sfide proposte. E ovviamente questi corsi di formazione sono a pagamento.
Oppure la Consob segnala dei meccanismi di gamification molto spinti, pensati in qualche modo per creare una sorta di dipendenza negli utenti e spingerli a ritentare una sfida.
Abbiamo deciso di capire qualcosa in più sul trading facendo alcune domande, comprese quelle meno facili, a Marco Martire, Country Manager Italia di una delle principali realtà di prop trading, cioè Fintokei, in un episodio del nostro podcast “#define banking” di cui questo articolo è un adattamento testuale.
AG. Marco, come funziona il prop trading?
MM. Fintokei è un’azienda che fa prop trading, un’industria che si sta sviluppando molto rapidamente. Non parliamo di brokeraggio tradizionale, ma di un settore che attualmente non è soggetto a una regolamentazione specifica.
Proprio per la mancanza di una normativa, noi offriamo degli account di demo, non cioè dei conti reali, con cui un cliente può utilizzare dei fondi virtuali e mettersi alla prova nelle attività di trading.
Come? Attraverso delle challenge, delle sfide, insomma una serie di prove che, una volta superate, permettono all’utente di arrivare ad avere un conto funded. Che è sempre demo, ma offre la possibilità di potere ottenere dei profitti reali, pagati direttamente sul loro conto bancario, se ottengono dei profitti mediante gli investimenti fatti sul conto demo.
Potremmo definirla una “nave scuola” del trading, tramite cui il trader può apprendere le basi e mettersi alla prova senza rischiare tutto il suo capitale. Non è gratuito: esistono dei “pacchetti” che mettono a disposizione dei fondi virtuali in cambio di una commissione fissa. Se le operazioni di trading vanno male, però, l’utente perde solo quella commissione.
AG. Se ho capito bene. Il primo passo è l’apertura del conto demo e poi simulo delle operazioni di trading.
MM. Paghi una commissione iniziale per ottenere questo primo programma, che comprende un conto demo.
AG. Poi posso iniziare una serie di sfide per crescere. Mi fai qualche esempio di queste challenge?
MM. La più comune su Fintokei è la Pro Trader, che prevede due fasi prima di arrivare al livello funded e ottenere dei profitti. In questo caso, nella prima fase devi fare l’8% di rendimento e nella seconda il 6% rispetto al balance iniziale.
Si arriva così alla terza fase, quella funded, dove in caso di performance positiva delle operazioni di trading l’utente potrà prelevare dei profitti.
Oltre a Pro Trader ci sono diversi programmi, a una, due o tre fasi, ma questo è quello più frequente per i principianti.
Questo modello è comune anche ai nostri competitor. Ma l’elemento in comune è che l’account è sempre demo.
AG. Ma l’utente, alla fine, che vantaggi ha nell’usare questo genere di soluzioni?
MM. Rispetto al brokeraggio tradizionale, i conti demo muoono una quantità di denaro molto maggiore. Puoi operare con 100.000 euro pagando una commissione fissa di qualche centinaio di euro. Sono soldi virtuali, sì, ma solo prima di arrivare a un conto funded.
Poi c’è l’apprendimento, la comprensione delle regole del trading.
Infine, la nostra missione principale è trovare bravi trader. Fintokei è una società europea, con sede in Repubblica Ceca, parte di un gruppo molto più grande, la Purple Corporation, che controlla anche dei broker regolamentati e cerca attivamente nuovi trader di talento.
AG. Traete però anche un profitto dal prop trading. È un business.
MM. Non ci nascondiamo su questo aspetto. Il punto principale sono le sinergie tra le diverse realtà del gruppo e la ricerca di nuovi talenti del trading.
Quando un utente di Fintokei si dimostra capace nella gestione di un conto prop, probabilmente sarà gestire bene anche un conto reale. Allora la Purple va ad assumerlo, offrendogli un vero e proprio contratto con una delle società di brokeraggio tradizionale, regolamentate, che fanno parte della holding.
Poi non nascondiamo il fatto che Fintokei fa business e nel prop trading il guadagno principale sono le commissioni sulle challenge. Che il cliente potrebbe anche perdere.
Fa parte del percorso di apprendimento sulla logica del rischio-rendimento.
AG. Le piattaforme di trading regolamentate ricordano sempre agli utenti che la grandissima maggioranza dei trader “fai da te” operano in perdita e che non si tratta di un’attività che può fare chiunque. Servono competenze e abilità specifiche.
Parliamo della normativa. In ambito fintech non è strano che ci sia un ambito particolarmente innovativo che ancora non è stato regolamentato. Qui però c’è stata una nota della Consob, del luglio 2024, che invita a fare attenzione. Quale scenario vedete per la normativa futura?
MM. Inizio col dire che la nota della Consob, a noi di Fintokei, è piaciuta molto. La holding ha 14 anni di storia, anche se Fintokei è più recente, e si muove da sempre in spazi regolamentati.
Il prop trading si basa su conti demo e credo che non possa essere regolamentato con le stesse norme del trading tradizionali.
La nota della Consob ha giustamente indicato alcuni elementi di attenzione. Semplicemente, anche in questo ambito ci sono realtà serie e realtà non serie. Fino a poco tempo fa si poteva creare una piattaforma di prop trading con un investimento minimo. I portali aprivano e chiudevano rapidamente.
Saremmo solo felici se si arrivasse rapidamente a una regolamentazione seria, perché saremo pronti per adeguarci a essa. Non sono però sicuro che possa esserci una normativa simil ESMA, perché il prop trading è qualcosa di diverso dal brokeraggio. Vedremo che scelte verranno fatte.
Nella holding Purple, comunque, ci sono già dei broker regolamentati e abbiamo quindi le competenze necessarie.
Servono anche chiarezza ed educazione. Alcuni utenti vedono il trading come un modo per tentare la fortuna. Bisogna far capire che non si tratta di un gioco: operare in Borsa è rischioso e serve esperienza.
Il prop trading può dare le basi per capire le variabili e crescere, non ci interessano gli scommettitori.
AG. Prima della regolamentazione viene l’autoregolamentazione. Avete dei meccanismi per individuare comportamenti potenzialmente dannosi, oppure per selezionare i clienti fragili?
MM. Abbiamo delle regole di consistenza che individuano gli utenti che tentano la fortuna. E andiamo a limitare il numero o l’importo delle operazioni. Questo serve anche a educare il trader.
Lo stesso vale per chi opera in modo casuale. E, ovviamente, accettiamo solo utenti maggiorenni. C’è anche un sistema di “autoselezione”: ci sono uenti che arrivano alla fase founded e prelevano il profitto, altre che invece vanno avanti senza prelevare. Abbiamo un dipartimento di Risk Management che fa attenzione a tutti questi aspetti e individua eventuali miglioramenti da apportare.
E, ribadisco, chiaramente per Fintokei si tratta di un business che genera profitti. Ma lo scorso anno abbiamo anche versato ai nostri utenti che hanno un conto demo funded circa 3.800 dollari a testa, di media.