«È necessario tenere ben presenti le specificità delle diverse categorie di intermediari, salvaguardo la diversità del sistema bancario». Ha esordito così Alessandro Azzi, Presidente di Federcasse in occasione del confronto con i vertici dell’EBA a Londra.
Una riflessione sull’impatto che la nuova regolamentazione bancaria europea potrà avere sul sistema delle banche cooperative, in cui è stata sottolineata la necessità di ottenere delle disposizioni di attuazione (technical standards), emanate dalla Commissione anche su proposta dell’EBA, che garantiscano una applicazione coerente alle dimensioni e alle caratteristiche operative delle BCC italiane.
«I rischi maggiori per la tenuta delle piccole banche riguardano senz’altro i costi di compliance, che hanno una incidenza significativamente maggiore, ma il rischio maggiore risiede in una regolamentazione “taglia unica” che produca l’opposto di quanto voluto – afferma Azzi. Quando le regole sono tagliate su istituzioni la cui funzione obiettivo è la massimizzazione del valore per gli azionisti, applicarle a istituzioni che hanno come obiettivo la massimizzazione del valore per i soci e per gli stakeholder in generale può produrre effetti indesiderati».
Per rafforzare questa tesi Federcasse ha fatto riferimento alla proposta di direttiva sul Capital Conservation Buffer, che impone alle banche che non rispettano determinati requisiti di predisporre un piano di conservazione del capitale. «Le BCC sono caratterizzate, per il loro essere costituite da soci, da limiti strutturali alla capacità di aumentare nel breve i livelli di capitale e, per incrementare i propri coefficienti patrimoniali, potrebbero essere costrette a prevedere azioni di riduzione degli impieghi – spiega Azzi. Il che sarebbe un paradosso: misure pensate per mettere in sicurezza il sistema e favorire la ripresa economica, si rivelerebbero di segno opposto proprio per quegli intermediari che hanno dimostrato di svolgere un indispensabile, e riconosciuto, ruolo anticiclico».
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