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PayLab XIII. Un modello di business per il P2B

Trovare un modello di business, definire il corretto pricing e anche abilitare una serie di servizi a valore aggiunto e mirati alla vendita. Attorno al P2B, che è l’evoluzione in ottica business del P2P, il sistema che permette di scambiare denaro in tempo reale tra privati attraverso una app sullo smartphone, gravitano una serie di opportunità non ancora ben indentificate: benefici sia per le banche, che potrebbero aumentare la retention sui merchant e ottenere margini da un nuovo servizio in un settore, quello dei pagamenti, che offre ricavi sempre più ridotti. Sia per i merchant stessi, che potrebbero avere nelle loro mani un ulteriore strumento per fidelizzare e conquistare nuovi consumatori. Ecco una delle tematiche al centro di PayLab, Osservatorio permanente sull’innovazione dei pagamenti organizzato da AziendaBanca e Ingenico Italia.

PayLab plenaria maggio 2017

Arriva il P2B

Le prime sperimentazioni in ambito P2B sono già in corso: SIA, dopo aver lanciato a fine 2014 la versione P2P di Jiffy (che conta oggi 110 banche aderenti e oltre 4,2 milioni di utenti raggiungibili), ha avviato insieme ad alcuni istituti, tra cui Intesa Sanpaolo e UBI Banca, i piloti con merchant convenzionati. «Ed entro fine anno ci aspettiamo che Jiffy possa raddoppiare il numero di utenti – commenta Gabriele Boni, Direttore Cards & Payments Service Lines di SIA. Dopo una prima fase in cui ci siamo concentrati sulla crescita dei clienti consumer, oggi siamo fortemente impegnati sull’ampliamento della rete di accettazione del P2B, in particolare sull’integrazione di Jiffy con i POS e i sistemi di cassa evoluti, e sugli sviluppi in ambito e-commerce. Il nostro obiettivo è di esportare questo caso di successo italiano anche all’estero, collaborando con nuovi player di pagament al di fuori del mondo bancario, come ad esempio le FinTech».

Il business model per il P2B...

Tuttavia, ci sono alcuni nodi da sciogliere: in primis, definire un modello di business per lo sviluppo del P2B, e quindi individuare il target a cui proporre questo strumento di pagamento; assicurare una rete di accettazione ampia per una transazione che al momento può avvenire in due modalità (tra due smartphone o tra smartphone e POS) e infine definire anche il pricing di questo servizio, il cui costo probabilmente ricadrà solo sui merchant ma in cambio di un corollario di servizi a valore aggiunto. Perché l’obiettivo è fare percepire la soluzione come un vantaggio e non come un ulteriore fattore di costo. «Non dobbiamo guardare agli instant payment unicamente come un sistema di pagamento alternativo al contante. I clienti già oggi hanno a disposizione strumenti per effettuare pagamenti in tempo reale, come le carte di pagamento o i bonifici online non stornabili – osserva Alessandro Bragazzi, Responsabile Sistemi di Pagamento di UBI Banca – ed è difficile che le abitudini di acquisto cambino rapidamente se non si forniscono i giusti motivi per cambiare. Inoltre, il mondo dei pagamenti è sempre meno redditizio per le banche ed è quindi necessario cambiare il modello di business in questo settore, promuovendo la diffusione di strumenti elettronici che, utilizzando le informazioni che derivano dal pagamento, riescano a offrire vantaggi a merchant, clienti e, ovviamente, banche. Alcuni player hanno già cominciato a creare ecosistemi in cui le informazioni sono messe a fattore comune per garantire al merchant maggiori possibilità di engagement della clientela. Questa tipologia di servizi ha però bisogno di una base dati importante e di una massa critica di clienti che una singola banca, per quanto grande, ha difficoltà a raggiungere».

Le potenzialità dell’acquiring...

Lato acquiring non ci sono dubbi sulle opportunità offerte dall’instant payment. «Anche se il modello del P2B spaventa, in quanto potrebbe tagliare un passaggio nel tradizionale modello di pagamento/ incasso, escludendo i circuiti e spostando quindi gli equilibri ai quali ci siamo abituati, tuttavia si può immaginare u salto di qualità lato acquiring, soprattutto perché può veicolare maggiori vendite, tema gradito ai merchant – sostiene Giancarlo Greggio, Responsabile Servizio Acquiring di Monte dei Paschi di Siena. La tecnologia ci permette oggi di trasformare i dati di incasso e pagamento in utili informazioni di marketing per i commercianti. In questo modo potremo finalmente utilizzare una quantità di dati che non abbiamo mai sfruttato a pieno per trasformarli in valore aggiunto per i merchant: nuovi metodi di ingaggio, anche via mobile, la possibilità di creare promozioni e anche migliorare la competitività del singolo esercente con strumenti di analisi e comparazione dei dati di vendita. Una strategia che potrebbe rivelarsi anche un vantaggio competitivo per le banche in vista dell’entrata in vigore della PSD2 e quindi dell’ingresso nel mercato dei pagamenti di nuovi player interessati a conquistare una fetta di questo business».

... nei servizi a valore aggiunto

Se il P2B deve convincere il merchant, allora è necessario offrire dei vantaggi economici e soprattutto di servizio. «Gli instant payment ci offrono l’opportunità di fare sistema e con una offerta distintiva e riconoscibile dal punto di vista dei servizi – dichiara Antonella Verzini, Responsabile Issuing e Acquiring presso Banco BPM. Si possono sfruttare infatti la geolocalizzazione e le informazioni utili dal punto di vista del marketing per consentire ai merchant di vendere ancora di più, coinvolgendo il cliente attraverso promozioni ad hoc. Dobbiamo soprattutto garantire una soluzione interoperabile, perché la PSD2 sembra cucita perfettamente addossoai nuovi player che entreranno nel mercato dei pagamenti, restringendo ulteriormente i ricavi nella monetica. Se sapremo intercettare al meglio la domanda futura potremmo già oggi giocare d’anticipo e ottenere un vantaggio competitivo sui player non bancari. Insomma, pensare un po’ meno da banca e più da OTT, nonostante questo sia il peggiore momento storico per il settore».

Attenzione ai competitor

La concorrenza è spietata, «e anche se la diffusione del P2P ci sostiene nell’evoluzione verso il P2B, grazie a un grande numero di operatori che hanno aderito al momento alla soluzione Jiffy, il cliente finale ha davanti a sé un panorama di offerta diversificato – evidenzia Paola Squarcia, Responsabiledel progetto Mobile Payment di BNL BNP Paribas. Gli esempi sono diversi: in primis, le soluzioni di messaggistica (dalla asiatica WeChat a Messenger, costola di Facebook) che stanno integrando sempre più servizi di trasferimento denaro e anche di acquisto vero e proprio dalle loro app. Da una parte questa spinta sosterrà la diffusione degli instant payment ma darà ulteriore spazio alla concorrenza. Come BNL e come Gruppo BNP Paribassiamo ben consapevoli di questitrend che puntiamo a interpretare al meglio lavorando per offrire ai nostri clienti, attuali e potenziali, soluzioni innovative, moderne e competitive per andare incontro a esigenze nuove ed evolute».

Centrare il target

Il timore, quindi, è nella possibilità che vengano scalzati gli attuali modelli di servizio che portano ricavi, seppure marginali, alle banche. «Mastercard opera in ambito internazionale con use cases diversi e, grazie alla combinazione di diverse modalità di pagamento verso i retail, P2P e B2B, è in grado di offrire una soluzione a ciascuno dei nostri clienti – annuncia Massimiliano Gallo, Vice President Business Development Italy & Greece. La vera sfida è individuare le aspettative del mercato ovvero quelle che sono le modalità ottimali per effettuareo ricevere pagamenti nel più breve tempo possibile. Questo avrà certamente un forte impatto sulla digitalizzazione dei processi di pagamento».

Come accettare un instant payment: su mobile...

Con la necessità di raggiungere la massa critica, il modello di business del P2B dovrà necessariamente potersi appoggiare a una rete di accettazione capillare e garantire una user experience fluida, proprio come quella delle carte di pagamento. «In altre parole, i merchant dovranno avere la possibilità di accettare gli instantpayment con gli strumentidi cui già dispongono – sottolinea Gianluigi Dragoni, Direttore Commerciale di BNL POSitivity. La transazione può avvenire tra due dispositivi mobile ma è necessario anche che il POS si apra all’accettazione del P2B e magari anche veicolare la transazioni sui sistemi di cassa evoluti, che però hanno solo i grandi merchant».

... oppure su un POS

L’Italia ci sta già lavorando. Ingenico ha stretto un accordo con i diversi player del P2P, tra cui Hype di Banca Sella, Jiffy di SIA e anche Satispay per accettare le transazioni via terminale. «Abbiamo adeguato la nostra rete di accettazione in modo da poter veicolare sul POS le diverse forme di pagamento che ICCREA BANCA mette a disposizione delle BCC – precisa Lorenzo Torcini, Responsabile area commerciale di Coopersystem SC. Gli strumenti di accettazione devono infatti essere completi e ora i merchant serviti dal nostro network possono accettare anche i pagamenti P2B offerti da Satispay».

Chi paga il P2B?

Ma il merchant sarà disposto a pagare per questo servizio? La complessità italiana è nota, come la storica riluttanza dei merchant di fronte alle commissioni di pagamento, ma vendere e soprattutto fidelizzare e conquistare il cliente rappresenta un ricavo certo. Naturalmente, siamo ancora in una fase pilota per il P2B e la mancanza quindi di un modello di business concreto non consente di coprire i costi di questo strumento. «In Inghilterra, ad esempio, le banche si sono unite in uno scenario pre-competitivo e hanno fatto sistema per lanciare Pingit, una unica soluzione di instant payment sia di tipo P2P sia P2B – commenta Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio MobilePayment & Commerce del Politecnico di Milano –, con la consapevolezza che il vero competitor non è l’altra banca ma la perdita di un pagamento elettronico e la vittoria del contante. La marginalità sulla massa critica è naturalmente bassa ma, se si agganciano servizi a valore aggiunto, tutti, anche le banche, ottengono delle revenue e soprattutto fidelizzano merchant e clienti».

Una sferzata ai pagamenti digitali?

Probabilmente il P2B dovrà anche dare impulso al settore dei pagamenti digitali, che in Italiasta crescendo, ma a un ritmo piuttosto lento: lo scorso anno i pagamenti digitali hanno raggiunto quota 190 miliardi di euro di transato. E il loro peso è ancora minimo se confrontato ai 780 miliardi di consumi degli italiani. È interessante notare come il 16% di questi 190 miliardi sia rappresentato dai new digital payment, «ovvero transazioni di e-commerce (sia con carta, sia con wallet, che pesano per il 95% sul mercato dei nuovi pagamenti digitali) ed e-payment (pagamento delle bollette e verso la P.A.) che insieme contano su 18 miliardi di euro di transato complessivi – osserva Portale. Tra i pagamenti digitali includiamo anche tutte le forme di pagamento via mobile, che toccano il tetto di 3,9 miliardi di euro di transato grazie alla crescita del mobile commerce via app e soprattutto al ticketing, ovvero l’acquisto di biglietti per il trasporto pubblico e per il pagamento dei parcheggi che da solo ha raccolto 600 milioni di euro di transato per 50 milioni di acquisti, per lo più con scontrini medi molto bassi. Cresce anche l’utilizzo di carte contactless: gli italiani pagano sempre più c-less (il 5% del totale dei pagamenti con carta) e sono aumentati sia il valore del transato sia lo scontrino medio delle transazioni, che ha raggiunto i 50 euro».

Importi più bassi per le carte di pagamento

Certo, sono passati ben sette anni prima di arrivare a questi numeri soddisfacenti per il pagamento contactless. «Ma oggi in Italia circolano oltre 100 milioni di carte – precisa Sergio Moggia, Direttore Generale delConsorzio BANCOMAT – e vengono utilizzate anche per importi ridotti rispetto al passato: la media per i pagamenti sul circuito PagoBANCOMAT è di 57 euro, in calo di 5 euro rispetto a due anni fa. Sempre più frequente è anche l’utilizzo per piccoli acquisti, sotto i 30 euro, che ormai supera ampiamente un terzo del numero totale dei pagamenti; crescono però al contempo anche gli acquisti superiori ai 150 euro, a conferma di una propensione all’utilizzo dei pagamenti con carta di debito».

Il ritardo dei mobile proximity payments

E infine ci sono i mobile proximity payments che fino a oggi hanno raccolto scarsi successi commerciali. Ma Apple Pay ora è arrivato in Italia, a braccetto di UniCredit, Carrefour Banca e Boon, e potrebbe dare ulteriore spinta a questo strumento di pagamento. «L’NFC è una delle tecnologie che sta prendendo maggior piede – commenta Portale – e il lancio in Italia di Apple Pay potrebbe dare una spinta decisiva al settore nel prossimo anno. D’altronde le banche italiane si sono già dotate di tecnologie adeguate, creando wallet con HCE o sistemi SIMbased e diffondendo POS con lettore contactless. Questo freno quindi non è legato a un problema di maturità tecnologica e nemmeno alla rete di accettazione, in quanto oltre la metà (52%) del parco POS italiano è abilitato ai pagamenti senza contatto». «Chi invece ha creduto sin da subito in queste tecnologie è Vodafone – conclude Andrea Zanzottera, NFC e Mobile Payment Manager di Vodafone Italia –, che dal 2014 ha una soluzione di Wallet digitale, rilanciata nel 2016 come Vodafone Pay, il primo servizio di pagamento in prossimità in Italia per smartphone Android con SIM NFC, che permette di pagare abbinando tutte le carte di credito e prepagate dei circuiti Visa e MasterCard o il proprio account PayPal, semplicemente avvicinando il telefono al POS contactless».

Questo articolo è tratto dal numero di giugno 2017 di AziendaBanca