Il riconoscimento vocale guarda al finance. E a MiFID2

Spitch

User experience e compliance. Le tecnologie di riconoscimento vocale puntano alla conquista del Finance unendo due aspetti all’apparenza opposti del digital business.

Il trend: parlare al cellulare

Da un lato, l’interazione vocale con smartphone e, in misura minore, tablet è effettivamente in forte crescita tra gli utenti. E caratterizza da sempre il rapporto con i contact center. Come ha raccontato Alexey Popov, CEO dell’azienda Spitch, nel 2016 il 65% degli utenti smartphone ha usato almeno una volta l’assistenza vocale e la voce è stata usata per il 20% delle ricerche da mobile.

La tecnologia è migliorata

Dall’altro, un miglioramento tecnologico legato alla qualità dell’interazione, che ad aspetti fonologici (timbro vocale e corretto riconoscimento di parole e numeri) affianca ormai anche la semantica (riconoscendo il linguaggio naturale e, quindi, il significato della frase al di là delle singole parole). Ma soprattutto ad alcune funzionalità aggiuntive che ne aumentano il potenziale per il business.

Sicurezza grazie alla voce

L’identificazione biometrica, ad esempio. Già oggi alcune banche permettono ai clienti di identificarsi pronunciando una semplice frase: con tecnologie adeguate l’interazione con il contact center, ad esempio, permetterebbe una continua verifica dell’identità del cliente chiamante. Rendendo superflua la richiesta di ulteriori password temporanee o codici. «C’è poi l’altro lato della medaglia – precisa Shoin Hatano, Business Development Manager di Spitch – cioè il riconoscimento dei tentativi di frode. I frodatori tendono a essere criminali seriali: una volta conosciuto il loro timbro di voce, il sistema può segnalare immediatamente all’operatore del call center che la chiamata in corso è un tentativo di frode».

Come parla un cliente felice

Oppure la “emotion detection”: banalizzando, il sistema capisce se il cliente al telefono è turbato, felice, arrabbiato e così via. Un parametro utile per gestire la chiamata nel modo migliore e, in senso lato, a valutare la qualità dell’assistenza fornita. L’implementazione ottimale del riconoscimento vocale richiede ovviamente una integrazione nel workflow aziendale su misura in base allo use case: arrivando fino all’integrazione con chatbot per le richieste più standard.

Le prime esperienze bancarie

Nel mercato UK, ad esempio, un’azienda del settore Fashion utilizza il riconoscimento vocale per la dettatura del numero di carta di credito al telefono: la biometria serve a confermare l’identità del titolare della carta. Le esperienze bancarie riguardano la russa Alfa Bank, che gestisce automaticamente l’88% delle chiamate di soft credit collection, garantendo un atteggiamento amichevole ma standard verso il cliente; e Sberbank, il cui assistente virtuale gestisce l’80% delle richieste provenienti dalla clientela retail. Quest’ultimo progetto ha richiesto una mappatura precisa delle differenze linguistiche regionali e prevede anche l’analisi del sentiment del cliente.

MiFID 2 e riconoscimento vocale

C’è poi il fronte aperto della MiFID II. Dove la compliance alla normativa prevede la registrazione di tutte le comunicazioni telefoniche tra clienti e operatori, ad esempio quelle relative ai servizi di consulenza. L’articolo 16(7) prevede la possibilità di usare il riconoscimento vocale avanzato per le verifiche delle autorità competenti e per il monitoraggio dell’attività svolta, del grado di soddisfazione della clientela e del rischio. E l’analisi semantica permette di verificare se le parole del consulente siano in linea con la normativa: le trascrizioni delle conversazioni telefoniche sarebbero comunque a disposizione di tutti gli interessati.