IT Transformation

La digital transformation va costruita intorno al dato

Accenture: la digital transformation va costruita attorno al dato

Filippo Vierchowod, Innovation Lead di AFAST

La disruption dei modelli tradizionali di banca potrebbe essere all’apice.

La fine dell’era dei tassi zero, la volatilità del mercato, le instabilità geopolitiche seguite a un biennio di pandemia, per non parlare dei fallimenti di diverse realtà bancarie in altre geografie, si sono sommate alla crescente e irreversibile digitalizzazione delle abitudini dei clienti.

Eppure, secondo quanto emerge dall’indagine Total Enterprise Reinvention (TER), condotta da Accenture a livello globale, proprio in questo momento cruciale meno del 10% delle banche sta continuando a investire sulla trasformazione digitale.

Non rallentare ora

Una reazione prudente, vista la forte incertezza del contesto.

Ma che espone le banche al rischio di non tenere il passo con l’innovazione.

Secondo i dati della TER, infatti, quelle poche banche che stanno continuando a investire nella trasformazione dei modelli operativi e di business mostrano una maggiore redditività e un’efficienza migliore della media.

«Su alcuni temi, come i sistemi legacy, l’Italia è sicuramente in ritardo rispetto ad altri Paesi – commenta Filippo Vierchowod, Innovation Lead di AFAST – Accenture Financial Advanced Solutions & Technology –, ma una serie di trend tecnologici, come il boom del mobile, e normativi, come PSD2 e open banking, hanno aperto la strada a una riflessione sui legacy».

Il cambiamento è un processo

Anche perché, come emerge dal TER, per la grandissima maggioranza delle banche mondiali la trasformazione digitale non richiede un radicale e improvviso ripensamento dei modelli di business.

Anzi: l’approccio più corretto sembra essere quello di un “cambiamento continuo” e costante.

«Al centro di questo ripensamento c’è il dato – osserva Vierchowod. La necessità di essere compliant alla PSD2 e, in prospettiva, alla PSD3, ha aperto la strada a una strategia di valorizzazione del dato.

È intorno al patrimonio informativo della banca, infatti, che si possono costruire use case avanzati e moderni da proporre ai propri clienti, rispondendo alla concorrenza dei player digitali».

Il dato nel cloud

Per rendere il dato trasparente, univoco, aggiornato e accessibile le banche e le compagnie assicurative hanno guardato alle potenzialità del cloud.

In alcuni casi, il journey verso la nuvola è iniziato da oltre un decennio: è il caso degli istituti finanziari UK, che hanno avviato la trasformazione già nel 2011.

«Ci sono molti risvolti da considerare, in un journey to cloud – spiega Vierchowod. Ci sono aspetti di sicurezza e di conformità del dato, che spesso possono essere gestiti congiuntamente con società di livello internazionale con elevatissime competenze.

E c’è poi l’aspetto non banale delle competenze: mantenere un sistema legacy significa proteggere la memoria storica di tutti i layer che lo compongono. E le risorse interne che ne hanno seguito l’evoluzione e che hanno le skill tecniche necessarie iniziano a scarseggiare: alcuni linguaggi di programmazione sono ormai obsoleti e i professionisti si avvicinano all’età del pensionamento».

Un dato più libero

Il dato va liberato dai sistemi legacy: evitando che sia poco aggiornato, ridondante o caotico.

«In un sistema legacy fatto di layer diversi che non comunicano tra di loro – approfondisce Vierchowod – un singolo cliente è frammentato in moltissimi dati diversi e che puntano a più profili differenti. Una persona diventa più persone. Migrando il dato in cloud e sposando il modello dell’open banking, ottengo un solo profilo sul cliente, estremamente accurato.

È questa capacità di vedere il cliente nel suo insieme, compresi eventuali rapporti con banche terze che vuole comunicarci, a fare della modernizzazione cloud un abilitatore di nuovi servizi e fonti di redditività».

Le big hanno il budget, le Tier 2 l’agilità

In Italia, questa core modernization viene affrontata in modo diverso, in base alle dimensioni dell’istituto bancario. In estrema sintesi: le big fanno da sole, o quasi; le Tier 2 devono passare per partner.

«Le banche maggiori hanno la capacità di investimento e le risorse interne per lavorare in autonomia – conferma Vierchowod –, mentre le altre si rivolgono a società esterne.

Ma bisogna fare attenzione a un altro aspetto: gli istituti che chiamiamo Tier 2 hanno un vantaggio importante. Le banche meno grandi sono più agili e rapide, ad esempio nel lavorare con startup per portare un prodotto o un servizio sul mercato in tempi veloci.

Il time-to-market in questi casi può essere minore rispetto a uno sviluppo interno. E questo dà una marcia in più alle banche nativamente digitali, oppure specializzate per prodotto o segmento di pubblico».

La carta dell’ecosistema

Iniziano a rafforzarsi, quindi, due modelli diversi di affrontare la trasformazione e, di conseguenza, ridefinire il concetto di banking.

La grande banca ha un core business più ampio con una strategia IT propria, mentre le realtà locali, di piccole dimensioni e le challenger possono puntare su modelli di ecosistema, in cui entrano anche le startup.

«E, parlando di ecosistemi, torniamo alla spinta normativa verso l’open banking – continua Vierchowod. La PSD2 ha creato un modello che prima non esisteva: avremmo potuto raggiungere lo stesso obiettivo mediante accordi privati, certo, ma la trasformazione sarebbe stata più lenta. Chi si aspettava un boom dell’open banking è rimasto deluso, ma il cambiamento è in corso: la normativa europea ha scelto la strada del trattamento consapevole dei dati, che sono di proprietà del cliente.

E questo sta democratizzando il banking: sempre più persone scoprono di potere gestire i conti correnti di diverse banche nella stessa app. E che possono accedere ai servizi finanziari in modo diverso da prima».

Dopo l’hype, le tecnologie diventano commodity

Attorno ai dati ruotano, così, tutte le innovazioni tecnologiche che hanno conquistato l’attenzione mediatica negli ultimi anni.

Dalla blockchain, «che dopo l’hype degli scorsi anni si sta consolidando con diversi casi d’uso – elenca Vierchowod –, e lo stesso di può dire degli NFTs. L’entusiasmo per il metaverso è scomparso, ma un gigante della tecnologia come Apple ha presentato una propria visione della realtà estesa.

Vediamo la stessa dinamica ogni volta: c’è un periodo di forte entusiasmo, in cui una novità sembra trasformare il mondo da un momento all’altro.

Poi l’hype si sposta altrove, ma ogni tecnologia si è trasformata in una commodity al servizio dell’innovazione.

Accadrà anche per l’intelligenza artificiale, che ci permetterà presto di individuare nuovi modelli di business, basati su un uso di dati che oggi neppure immaginiamo».

Questo articolo è stato pubblicato sul numero di settembre 2023 di AziendaBanca ed è eccezionalmente disponibile gratuitamente anche sul sito web. Se vuoi ricevere AziendaBanca, puoi abbonarti nel nostro shop