Il web alla ricerca di regole

WEB Summit 2018

Un codice di autodisciplina per il web. Il Web Summit 2018 si è aperto con la proposta di un manifesto per fissare delle regole condivise per il web. A parlarne qualcuno che se ne intende: Tim Berners-Lee, “l’inventore del web”.

Perché servono regole

È suo l’intervento di apertura del Summit, davanti a 70mila persone da tutto il mondo. E Berners-Lee va subito al punto: se il web è storicamente simbolo di libertà di parola e di espressione, quello che sta succedendo con il dilagare dei social non ha precedenti. Cyber bullismo, insulti, tutto quello che rientra nel neologismo americano “hate speech”: un mix di discriminazione, violenza verbale, stereotipi a go-go e odio diffuso. Più il filone, decisamente più vario, delle fake news o presunte tali.

Il manifesto #ForTheWeb

Da qui il dilemma, che non è solo filosofico: come bilanciare libertà di espressione e “censura”, o quantomeno verifica e controllo dei contenuti che tutti pubblichiamo online? Mica banale. Dall’iniziativa nasce un “manifesto” (e fa sorridere il ritorno di una parola che evoca subito i movimenti artistico-culturali dei secoli scorsi, come il Futurismo, che grazie ai manifesti si definivano) dal nome #ForTheWeb. Che, oltre all’immancabile hashtag, contiene in sé problema, obiettivo e soluzione: “What are you gonna do #ForTheWeb?”. Ovvero: che cosa farai per il web? La risposta verrà dal web, che definirà se stesso.

Il modello del GDPR

Ma anche da un invito a BigTech e governi perché si impegnino in un confronto con la “community” per definire un set di regole condivise e valide per tutti. Tra gli esempi citati da Berners-Lee il famigerato GDPR europeo, che ha richiesto enormi sforzi di adeguamento a molte imprese ma ha effettivamente fissato alcuni paletti sulla privacy dei dati e sui diritti degli utenti di internet. Ma è, appunto, una norma europea, tra l’altro ampiamente sospettata di voler controbilanciare lo strapotere tecnologico americano. Definire delle regole neutrali e universali è un altro paio di maniche.

Controllare l’hate speech

C’è molto di filosofico e di benpensante, lo dicevamo dall’inizio, ma la community ci crede. Se qualche sociologo e umanista digitale incomincia a chiedersi se il web (inteso come rete di persone) non stia, con l’esplosione di hate speech e fake news, semplicemente manifestando se stesso (e le persone che lo compongono, le loro credenze e opinioni), al Web Summit c’è stato un tripudio di applausi per la proposta, ampiamente discussa. Naturale che sia così: come contestare chi vuole mettere fine a insulti razziali, omofobici, sessisti, etc? Chi non vorrebbe un web in cui vegani e amanti del barbecue possono scambiarsi messaggi pacati ed educati sul regime alimentare più salubre?

Nel 2019 metà del mondo sarà online

Tradurre l’obiettivo in regole condivise, sarà un’altra questione. L’anno prossimo si prevede di superare la “soglia 50/50”, altro americanismo per dire che oltre la metà della popolazione, dal prossimo anno, avrà accesso al world wide web. Ed è quindi il caso di renderlo un luogo migliore, per quanto virtuale. Al Manifesto #ForTheWeb hanno già aderito alcune realtà. Tra queste Google (che in quanto a big data sui suoi utenti non scherza) e il Ministero del Digitale (sì, ce l’hanno davvero) della Repubblica di Francia, primo Stato ad aderire al Manifesto.